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I “rossi” vincono alla grande solo in America

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Bisogna che la sinistra di qualunque paese, ma ancora di più quella annidata nell’occidente europeo, si rassegni: ormai, i “rossi” vincono alla grande solo in America, fra l’altro con tanto consenso elettorale e, soprattutto, da soli, senza la necessità di cattivi, infidi alleati: questo anche per la configurazione del sistema politico americano, attuativo di un vero e stabile bipolarismo. Naturalmente, questi rossi sono i repubblicani americani, da tempo individuati con questo colore dalla stessa convenzione giornalistica che, invece, ha attribuito il colore blu ai democratici, in fondo versione di una particolare sinistra a stelle e strisce.

Dunque, alle ultime elezioni presidenziali i rossi repubblicani, sicuramente conservatori, ma non per questo privi di attenzione e interesse per il progresso del loro paese e del mondo, hanno pesantemente battuto i blu democratici, ora rivelatisi progressisti soltanto a parole, perché realmente incapaci di proiezione fattiva verso il futuro, in modo da saperne intendere, interpretare davvero i motivi di progresso; il candidato repubblicano Donald Trump ha sonoramente sconfitto la candidata democratica Kamala Harris, sommergendola di voti, conseguiti in ogni ceto sociale, persino quello degli immigrati, in ogni realtà economica e produttiva, pure in ogni ambito culturale e di ricerca.

I rossi repubblicani americani si sono rivelati pienamente degni della forza e della pazienza operativa dell’elefantino, simbolo del loro partito; al contrario, i blu democratici, forse adesso ancora più blu perché cianotici per chiara asfissia elettorale, si sono rivelati chiaramente indegni dell’asinello, loro simbolo, solitamente animale laborioso e tenace, perché, questa volta, più prossimi al somaro, considerato, sic et simpliciter, nel senso figurato di soggetto ignorante e incapace. Comunque, in occasione delle ultime presidenziali USA i democratici americani e tutta la sinistra occidentale, compresa quella variopinta italiana, hanno dimostrano di condividere appieno una stessa, grave pecca politica, quella di non sapere cogliere la realtà, quindi di falsificarne la rappresentazione.

Hanno bluffato sino alla fine, parlando di testa a testa, di confronto sul filo di lana, di corsa appaiata al fulmicotone tra la Harris e Trump; invece, alla fine per la candidata democratica è stato un fiasco colossale, segnato da milioni di voti in meno rispetto all’avversario. Per tutta la campagna elettorale USA i democratici americani e la sinistra occidentale, compresi gli assortiti compagnucci italiani, hanno manipolato l’informazione a favore della Harris, dandola vincitrice in nome della civiltà sulla presunta barbarie di Trump; invece, è stato il barbaro Trump a vincere con tanto favore elettorale, nonostante l’avversione dei molti media, guardo caso, in mani democratiche americane o di sinistre europee.

L’esito clamoroso delle ultime presidenziali americane mi richiama la fine umiliante della “gioiosa macchina da guerra” del presuntuoso compagno Achille Occhetto alle politiche del ’94 contro Silvio Berlusconi, che tonfo anche allora: ad Achille restarono i baci, già noti, alla sua amata Aureliana, a Kamala resta soltanto il ricordo delle tante sue risate elettorali ad ampia panoramica dentaria, degna più della réclame di un buon dentifricio anticarie piuttosto che della intelligente considerazione degli elettori americani.

Franco D’Emilio