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La fontana di Galeata: affoghiamoci il passato, poi bella come prima

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Alla fine di ogni epoca, segnata da una forte impronta di prepotenza, vessazione, dispotico comando ai danni del prossimo, è inevitabile che la gente, non più vittima delle bisbetiche paturnie altrui, voglia rimuoverne qualunque segno, traccia, tanta è stata la diuturna rottura di coglioni subita. Così è stato alla fine del Fascismo, altrettanto alla fine di talune bieche dittature comuniste dell’Europa Orientale, similmente deve avvenire a Galeata, pur se in una scala diversa di grandezza e considerazioni perché innegabile che non possa confondersi il fastidio di una zecca con lo spessore di un vero dittatore, rosso o nero che sia.

A Galeata, finalmente, si sta pensando di mettere mano alla fontana, sita nello spazio antistante il municipio, purtroppo deturpata e, addirittura, ora pericolosa per l’integrità dei cittadini, a seguito del passato, vandalico intervento di rivestimento decorativo con la tecnica musiva del trencadìs, impiegando frammenti di materiali vari, opportunamente giustapposti tra loro. Idea originale, ma pacchiana che ha stravolto l’identità della fontana, così, come da tempo, nella memoria dei galeatesi; idea insana, solo appagante il protagonismo sensazionalista di chi sempre in cerca di novità, non trovandole in se stesso; idea balorda, mediocremente rispondente all’ambizione provincialotta e cafona che il bello possa identificarsi in una bizzarria artistica, estranea alla natura, alla storia, alle tradizioni del proprio paese, e persino maldestramente realizzata, quindi solo vero e proprio duplice atto vandalico, come ho scritto poc’anzi.

Se ben ricordo, 20.000 euro buttati via, certo non per il fine autore, artista piastrellista vanamente emulo dell’architetto spagnolo catalano Antoni Gaudì, appunto padre della tecnica del trencadìs; certo, ventimila euro tolti da ben altre necessità dei cittadini contribuenti di Galeata perché nella piazza principale restasse testimonianza memorabile di chi ha creduto di essere tanto e tutto, ma a somme tirate e, soprattutto, alla resa dei conti si è rivelato tristemente una profonda nullità. Ricordate: cittadini, alunni e studenti, nonni e badanti tutti coinvolti a procurare materiali in ceramica, porcellana, vetro e metallo, utili ad essere rotti ed utilizzati coi loro frammenti a comporre il variopinto rivestimento trencadìs. Come nella rievocazione del fascista appello “Ferro alla patria!”, i galeatesi risposero al diktat “Cocci al comune”, cogliendo l’occasione di svuotare parte delle loro cantine e soffitte per alimentare l’estro dell’artista all’opera e gonfiare l’ego della musa ispiratrice.

Il risultato? La fontana originale, solo bisognosa di un appropriato restauro manutentivo, fu rovinata, diciamo pure volgarmente deturpata dall’applicazione di tanta paccottiglia, tanto ciarpame. Adesso, basta allargare la foto che correda quest’articolo per rendersene conto, molti frammenti del rivestimento musivo si sono staccati e persi, altri sporgono con i margini taglienti per la riduzione attorno del supporto di fissaggio: insomma, complessivamente, si coglie l’immagine di un rivestimento di grande sciatteria. Benvenuta, dunque, nel Consiglio Comunale di Galeata di due giorni fa la proposta di scegliere se ripristinare la fontana così come prima dello scellerato trencadìs oppure intervenire con una manutenzione dell’attuale obbrobrio che, intanto, cosa non da poco, con un suo margine affilato ha leggermente ferito un bambino.

Decideranno i cittadini, ha assicurato la sindaca Pondini nella sua sempre sorridente disponibilità, ma il problema va risolto con sollecitudine perché lo stato di buona conservazione della fontana tocca la dignità e il decoro del paese, ora sospinti da tanta ritrovata serenità e intesa dei galeatesi con l’autorità comunale. Bisogna provvedere prima possibile: ora come ora, né i temuti cosacchi in viaggio verso Roma, così nella propaganda anticomunista dell’immediato secondo dopoguerra, farebbero abbeverare i loro magnifici cavalli alla fontana galeatese né potrebbe dissertarvisi il viandante romeo, ancora deluso di non poter transitare sul ponte del Fosso Mercatale, da tre anni chiuso per sequestro giudiziario mentre in un processo, domani nuova udienza, si mettono assieme i tasselli, i frammenti di una storia, certo più triste di un’accozzaglia trencadìs.

Franco D’Emilio