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La destra della Meloni governa, la sinistra acchiappa le nuvole

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Ancora, ci s’interroga sulle ragioni del successo, ormai, evidente, né passeggero né aleatorio, della nostra destra più intransigente, una volta chiara erede del Fascismo, poi animatrice di un’evoluzione postfascista ed oggi palese trasformista di un partito, quello di Fratelli d’Italia. Quest’ultimo, infatti, rappresenta, sempre più, una destra liberale, fortemente conservatrice, ma strategicamente moderata e ad ampio raggio, quasi ricalcando la trasversalità politica interclassista della trascorsa Democrazia Cristiana: trasversalità sicuramente agevolata dalla caduta delle tante pregiudiziali, dei tanti stereotipi ideologici, politici della nostra Prima e Seconda Repubblica.

In fondo, il successo della destra trasformista di Fratelli d’Italia, manifestatosi alle politiche del ’22 e successivamente riconfermatosi in altre tornate elettorali, è legato a quattro fattori: la crisi di parte della destra, dibattuta tra postberlusconismo e populismo leghista; l’incertezza della sinistra in competizione con il Movimento 5 Stelle; l’inconsistenza, ma anche la scarsa conciliabilità tra loro delle minime e friabili forze del centro moderato; infine, la crescente, inarrestabile disaffezione al voto, prevalente nel ceto piccolo e medio, oltre che in maniera significativa tra i giovani. Questi quattro fattori hanno segnato la precarietà e la fragilità della politica italiana, determinandone e agevolandone un vuoto di cui ha saputo approfittare il partito della Meloni. Quindi, la complessiva crisi del nostro sistema democratico ha agevolato, politicamente elevato, sino a forza maggioritaria della destra, proprio Fratelli d’Italia, unico partito, fra l’altro, alle ultime politiche moralmente detentore di una certa credibilità e autorevolezza in un paese travagliato da scandali d’ogni sorta.

Ciò, naturalmente, non significa affatto che Fratelli d’Italia sia fuori dalla logica democratica e adesso l’Italia sia affidata ad un Presidente del Consiglio con connotazioni antidemocratiche: il governo meloniano è una coalizione di piena espressione democratica, il cui partito principale, Fratelli d’Italia, sin dalla sua fondazione nel 2012 si è dichiarato, ufficialmente, consapevole e responsabile assertore della democrazia e dei suoi valori. La verità è evidente: la storia nazionale degli ultimi anni e l’attualità dei nostri giorni hanno trovato in Fratelli d’Italia l’unico soggetto politico, fuori da qualunque crisi, interna o esterna, dunque accreditabile come possibile nuova guida della nazione; in conclusione, l’affermazione del partito della Meloni nasce dalla sua esclusione dalla crisi di ampia parte del sistema democratico italiano.

Crisi efficacemente rappresentata dai due recenti interventi, uno del prof. Romano Prodi, l’altro del prof. Sabino Cassese, rispettivamente su Il Messaggero dello scorso sabato 28 settembre e su il Riformista del successivo 9 ottobre. Due voci molto significative: Prodi con l’editoriale “Come uscire dalla crisi delle democrazie”; Cassese con la sua intervista a tutto campo, rilasciata ad Aldo Torchiaro; entrambi molto efficaci e taglienti nell’obiettività della propria analisi, come s’addice a due importanti protagonisti della vita accademica, politica e culturale del nostro Paese.

Sin dall’inizio del suo editoriale Romano Prodi è immediato nel ribattere quanti sostengono che la democrazia sia in crisi per l’avanzamento dei partiti di estrema destra e dei movimenti populisti, dimenticando che queste pericolose evoluzioni sono la diretta conseguenza dell’involuzione della democrazia stessa e che, quindi, i rimedi devono essere trovati soltanto in un profondo rinnovamento del sistema democratico, soprattutto dalla sua frammentazione in un crescente numero di partiti politici, sempre conflittuali tra loro, pur nella finalità di concorrere ad una medesima coalizione. Nella destra italiana questa frammentazione e conflittualità sono di gran lunga minori, dunque è, in particolar modo, la nostra sinistra a indebolirsi quale protagonista del potere democratico, quasi per lei sempre più difficile da esercitare e sempre più facile da perdere. In Italia, come altrove, i partiti o movimenti di destra al governo cavalcano la debolezza complessiva e le divisioni della sinistra ovvero la sua costante depressione.

Sferzante il prof. Sabino Cassese con l’affermazione che la nostra democrazia sia carente anche per il modo della sinistra di fare opposizione, sempre più simile ad un teatro dei pupi che ad una competizione politica… Le opposizioni devono fare politica su cose serie. Non su pretesti…, come appare sempre più evidente negli ultimi tempi. Continua implacabile Cassese: Ho definito le attuali opposizioni acchiappanuvole e trovo in quest’ultimo atteggiamento una conferma della mia definizione. Farebbero il loro mestiere solo se studiassero meglio la legislazione in corso, facessero maggiore attenzione al modo in cui viene applicata, cercassero di interpretare la domanda popolare di politica, facessero un tentativo di formulare programmi invece che lanciare quotidianamente slogan…

Dopo le parole di Cassese inevitabile chiedersi come l’opposizione di sinistra possa dichiarare di disporre di un’adeguata classe dirigente, accusando, invece, il centrodestra meloniano, ora al governo, di pressapochismo politico, quale conseguenza di una propria povertà di intelligenza, competenza ed esperienza. La verità risulta una sola ed inequivocabile: il governo Meloni ha colmato e colma un vuoto del sistema democratico, ampiamente leso e polverizzato ogni giorno dalla pretestuosa e impropositiva condotta politica della sinistra.

Franco D’Emilio