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Domani Forlì ombelico del mondo

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Cazzo! Scusate la caduta in fallo, certo volgare, non da accademico dell’Alma Mater, ma quando la sorpresa è tanta, altrettanto l’amore per la propria città, come ci si può trattenere da tale triviale, stupita, entusiastica esclamazione al pensiero che, domani, Forlì sarà al centro del mondo, quando, invece, non riesce neppure a stare al centro di se stessa? Dunque, fra poche ore, a Forlì il G7 della Scienza e della Tecnologia ovvero il nostro “cittadone”, per dirla alla Jovanotti, ombelico del mondo dei sette Paesi di maggior rilievo nella ricerca scientifica e tecnologica mondiale.

Non crediate che questo settebello di nazioni abbia scelto Forlì per dare pubblica prova di una sua spremitura di meningi sul progresso futuro: no, viene prima come spettatore di un aulico concerto in San Mercuriale, poi come degustatore dell’inevitabile, consueto “tarallucci e vino” della gustosa tradizione enogastronomica e della piaciona ospitalità romagnola.

Per carità, fa piacere che venga tanto gotha tecnologico e scientifico del pianeta, è una presenza che onora la città, la sua storia, le sue stesse istituzioni, però è, pur sempre, la venuta di chi ignaro quanto Forlì sia divisa, incerta, persino, in barba alla scienza, sottomessa ai capricci di Giove Pluvio, ma, soprattutto, divisa al punto da non riuscire nemmeno ad eleggere in concordia politica il presidente del proprio Consiglio Comunale. Dunque, pur rallegrandoci dell’avvenimento, non pompiamolo più del giusto, insomma del bruscolo non facciamo l’instabile trave di tanto fumo per distrarre dal resto che incombe e, spesso, intasa fogne e coscienze, pure quelle dichiarate ancora agibili.

Attendo curioso le foto, i selfie di tale summit, già mi immagino i volti compiaciuti del notabilato politico, dei molti invitati del generone forlivese, tutti golosamente mordaci di addentare tartine e piadinette, qualcuno, sicuramente, anche col proposito di vendicarsi della propria costrizione al precedente concerto, per lui solo un barboso e soporifero supplizio. Però, dai, per la propria città un sacrificio si può, anzi si deve sempre fare: poi, subito dopo, tanto per concludere con i versi di Orazio, “col vin, col canto, con dolci pensieri torneremo a solcare il nostro mare”, il solito, piatto e immoto, perlopiù in bonaccia dell’attuale tirare a campare, cui è costretta la nostra cara Forlì.

Franco D’Emilio